Per le imprese familiari è importante considerare il passaggio generazionale come un processo da pianificare e sviluppare strategie di innovazione su misura
Quali sono le caratteristiche che favoriscono lo sviluppo delle imprese familiari e il ricambio al vertice? Come affrontare il passaggio generazionale e favorire l’innovazione?
Ne parliamo con Alfredo De Massis, docente di Imprenditorialità e Gestione delle Imprese familiari alla Libera Università di Bolzano e Direttore del Centre for Family Business Management dell’Ateneo.
IL FAMILY BUSINESS
In Italia molto spesso si tende ancora a confondere l’impresa familiare con la piccola e media impresa. Se da un lato è vero che la maggior parte delle piccole e medie imprese sono imprese di natura familiare, tuttavia la definizione di family business prescinde dalla dimensione aziendale.
L’impresa familiare va identificata come quell’attività economica organizzata alle cui spalle vi sono una o più famiglie che hanno il potere di influenzare la vision del business e nello stesso tempo la volontà di tramandare l’impresa attraverso le generazioni.
Pertanto, quando in Italia parliamo di imprese familiari ci riferiamo a circa il 93% delle imprese nel settore privato e includiamo sia le piccole e medie imprese, sia quelle più grandi. Basti pensare infatti che in Italia quasi la metà dei gruppi quotati in Borsa sono comunque dei family business. In tutte le economie del mondo questa forma di impresa rappresenta quella prevalente nel sistema imprenditoriale. In Europa abbiamo una percentuale di presenza sul totale che sfiora l’85% mentre negli Stati Uniti i family business sono intorno all’80-90%.
In Italia il family business assume però una rilevanza particolare: l’ossatura stessa della nostra economia è basata su imprese di natura familiare, attive sia nel settore dei servizi, sia in quello della manifattura.
L’IMPORTANZA DI PIANIFICARE IL RICAMBIO GENERAZIONALE
Una tappa fondamentale nella vita di queste imprese è costituita dal passaggio generazionale. Si tratta di un momento estremamente delicato: sappiamo, ad esempio, che solo il 30% delle imprese sopravvive al passaggio dalla prima alla seconda generazione; una quota che si riduce al 12% circa nel passaggio dalla seconda alla terza e al 4% dalla terza alla quarta generazione. A questa difficoltà intrinseca va aggiunto un ulteriore elemento critico: in Italia la maggior parte dei passaggi generazionali e quindi delle successioni al timone dell’impresa avvengono in maniera non pianificata, solitamente quando il leader in carica scompare improvvisamente per cause naturali.
Per motivi forse connaturati all’indole italiana, il tema della successione spesso non rientra neppure tra i temi da affrontare nel corso della vita dell’azienda, configurandosi piuttosto come un argomento tabù. L’errore compiuto dall’imprendito re medio, infatti, è quello di considerare il passaggio generazionale come un evento a cui far fronte al momento del suo verificarsi e non come un processo.
In realtà, sia la prassi aziendale, sia le conoscenze scientifiche sul tema hanno più volte dimostrato come tale passaggio costituisca invece un processo lungo, che richiede un’adeguata pianificazione: in media richiede dai 7 ai 10 anni della vita dell’impresa. In questo processo inoltre devono interagire e collaborare sia i due soggetti principali, predecessore e successore, sia gli altri soggetti interni ed esterni all’impresa. A portare ulteriore complessità al processo contribuisce l’evoluzione socio-demografica avvenuta nel corso degli ultimi decenni: l’innalzamento dell’età media nel nostro Paese e la riduzione del numero medio di figli.
Secondo gli ultimi dati disponibili, oggi in Italia il 22,3% della popolazione è oltre i 65 anni e il numero medio di figli per donna è pari a 1,34. All’interno dell’impresa questa circostanza comporta un allunga mento del periodo di sovrapposizione tra la generazione senior e quella successiva e una riduzione del numero di potenziali successori.
Vi è stata inoltre una trasformazione radicale del concetto di famiglia: si riduce il numero di figli per nucleo familiare ma si moltiplica il numero dei figli avuti per effetto di altre unioni. Famiglie estese e nuovi concetti di famiglia diversi da quelli tradizionali, come le partnership domestiche, hanno creato delle “disruption” che possono a loro volta avere un impatto al momento della successione nell’impresa familiare. Tale tendenza non investe solo le imprese italiane e quelle europee: ferme restando le difficoltà che incontrano tutte le imprese di questo tipo al momento del passaggio generazionale, in qualunque parte del mondo, i fattori sociologici e culturali possono incidere ulteriormente. Basti pensare ad esempio alla Cina, in cui la politica del figlio unico, abolita a fine 2015, ha di fatto limitato le opzioni disponibili per il ricambio generazionale. E ancora, sempre in Cina, non è raro imbattersi nel fenomeno degli “over skilled”: i potenziali eredi di importanti famiglie di imprenditori, istruiti all’estero, al momento del rientro si scontrano con una cultura manageriale talmente diversa da quella occidentale tale da spingerli talvolta a sperimentare altre strade rispetto al subentro alla guida dell’impresa di famiglia.
SUCCESSIONE E INNOVAZIONE
La successione di per sé è un concetto che comprende molteplici dimensioni: la successione può essere sia interna che esterna alla famiglia e può investire la leadership o la proprietà.
In senso lato, l’aspetto meno critico della successione è quello relativo al trasferimento di azioni e quote proprietarie: la gestione di tale passaggio non ha un impatto diretto sulla conduzione del business poiché investe prevalentemente problematiche di natura fiscale e finanziaria.
Le sfide più significative ai fini della sopravvivenza stessa dell’azienda insorgono invece quando si affronta la successione di leadership che implica il trasferimento del timone dell’impresa da una generazione alla successiva. Talvolta può essere necessario un innesto di manager esterni, ad esempio quando il successore è molto diverso in termini di caratteristiche personali dal fondatore per doti manageriali e per carisma. In sintesi, in funzione di quelle che saranno le caratteristiche delle generazioni successive, è importante essere disponibili all’apertura verso l’esterno ed evitare una chiusura a priori verso tale opzione. Il management esterno può infatti essere utile per gestire tutta una serie di processi complessi di trasformazione aziendale in modo razionale, tanto più che la famiglia proprietaria è spesso emotivamente troppo coinvolta nelle scelte da compiere.
Non necessariamente tuttavia, l’elemento esterno, a dispetto di un’opinione diffusa ma sostanzialmente erronea, rappresenta l’unica via per un’impresa familiare per aprire le porte all’innovazione.
Nel concreto, infatti, il potenziale innovativo delle imprese familiari è limitato dall’esistenza di un paradosso, in base al quale queste imprese tendono ad avere una minore volontà ad innovare rispetto alle imprese non-familiari, nonostante abbiano potenzialmente una superiore capacità di portare a termine progetti di innovazione con successo.
Per risolvere questo paradosso, è necessario che le imprese familiari imparino a sviluppare strategie di innovazione “su misura”, che tengano conto delle loro forti specificità. Questo approccio all’innovazione nelle imprese familiari, che insieme ad altri ricercatori, abbiamo ribattezzato Family-Driven Innovation (o FDI), può essere implementato con successo in qualsiasi impresa familiare interessata ad innovare, indipendentemente dalla dimensione o dal settore industriale di appartenenza.
LE DIRETTRICI DEL CAMBIAMENTO
Il modello identifica tre principali dimensioni rispetto alle quali un’impresa familiare è chiamata a prendere delle decisioni nel momento in cui mette a punto la propria strategia di innovazione: “dove, come e cosa”. In base al modello FDI, le decisioni che un’impresa familiare prende lungo queste dimensioni vanno calibrate in modo da essere coerenti con le proprie caratteristiche distintive. Un modo per identificare le caratteristiche peculiari di un’impresa familiare consiste nel concentrarsi sulle seguenti variabili.
Dove: questa variabile cattura gli obiettivi e le intenzioni degli azionisti che esercitano un controllo sull’impresa. Ci sono imprese più orientate al raggiungimento di obiettivi non economici, quali l’armonia all’interno della famiglia, il rafforzamento di un certo status sociale o il mantenimento di una forte relazione con la tradizione. Altre imprese familiari invece possono essere più attente al perseguimento di obiettivi economico-finanziari, quali la massimizzazione dei profitti di breve periodo.
Come: questa variabile fa riferimento al grado con cui la famiglia o i gruppi famigliari che controllano l’impresa sono in grado di orientare l’utilizzo delle risorse della loro azienda verso il raggiungimento degli obiettivi strategici definiti. In pratica, il loro potere nell’influenzare decisioni relative all’utilizzo di risorse. Ci sono ad esempio imprese in cui la capacità di controllare le risorse dell’azienda da parte della famiglia è accentuata da meccanismi piramidali, partecipazioni incrociate e azioni a voto maggiorato, che possono permettere alla famiglia di bypassare il consiglio d’amministrazione nel momento in cui prende decisioni strategiche.
Cosa: questa variabile attiene al tipo di risorse che l’impresa possiede e di cui la proprietà familiare ha bisogno per raggiungere gli obiettivi desiderati ed enfatizza il ruolo che hanno le capacità uniche dell’impresa familiare – quali ad esempio il suo capitale sociale e relazionale – nel portare a termine progetti di innovazione e nell’influenzare il comportamento dell’intera organizzazione. Solo quando le decisioni prese lungo le tre dimensioni di una strategia di innovazione sono allineate con le caratteristiche specifiche dell’impresa familiare presa in considerazione – mappate secondo le tre dimensioni “dove, come e cosa” – la FDI è possibile e il paradosso dell’innovazione nelle imprese familiari può essere risolto. In altri termini, è necessario che ci sia una corrispondenza tra il “dove, come e cosa” che identifica le decisioni strategiche dell’impresa in tema di innovazione e il “dove, come e cosa” che identifica le caratteristiche specifiche dell’impresa familiare considerata.
In assenza di una corrispondenza tra le decisioni di innovazione e le caratteristiche specifiche dell’impresa familiare, creare un vantaggio competitivo attraverso l’innovazione nell’impresa familiare diventa poco probabile. Al contrario, se le decisioni di innovazione sono coerenti con le caratteristiche distintive dell’impresa familiare, allora la Family-Driven Innovation è possibile e può portare alla costituzione di un vantaggio competitivo attraverso l’innovazione.